Sedute consiliari, trasparenza zero

Per effetto del calo della popolazione, che a Frattamaggiore lo scorso anno è scesa sotto i 30.000 abitanti, i gettoni di presenza per le commissioni sono di fatto dimezzati passando da 42 a circa 21 euro. Ma la politica frattese ha subito trovato l’escamotage per riportare i conti a posto. Come? Raddoppiando le commissioni. Pertanto, oramai da un anno, sono state portate da 3 a 6 al giorno le sedute di commissione, suddivise in due fasce orarie. La prima che va dalle 11,30 alle 13,00 e la seconda che va dalle 13,00 alle 14,30.

Sei commissioni al giorno per cinque giorni moltiplicate per 52 settimane costano alla collettività la non trascurabile cifra di 17.160 euro l’anno. E vabbè! Sono i costi della macchina amministrativa. Potrebbe pensare il contribuente. Una macchina amministrativa che lavora e produce, è giusto che sia ripagata il giusto. Ma è proprio qui che i conti non tornano. A cominciare dagli orari quasi mai rispettati da gran parte dei componenti, che però, miracolosamente riescono, grazie evidentemente al dono dell’ubiquità, essere presenti al Comune mentre nello stesso tempo sono sul proprio posto di lavoro. Come faranno taluni consiglieri a fare 40 commissioni se varcano l’ingresso della casa comunale non prima delle 14,00 resterà sempre un mistero. Ma, in effetti, poco importano i tempi se c’è comunque “produttività”. E qui si apre un altro tipo di problematica. Sembra infatti che non sia possibile leggere o rendere pubblici i verbali delle commissioni consiliari. I motivi? Qualcuno asserisce che essendo questi firmati, non sarebbe consentito pubblicare le firme; Altri ritengono gli stessi verbali, documenti interni, quasi fossero “Top Segret”. Noi abbiamo cercato di dare una sbirciatina, fotografandone qualcuno, ma comunque non ne siamo venuti a capo lo stesso. Con un geroglifico avremmo avuto meno difficoltà nel decifrare cosa l’estensore (probabilmente un medico) avesse scritto. Per la cronaca, a distanza di circa 5 mesi, una richiesta di accessi agli atti formulata dal presidente del Partito Repubblicano Orazio Ferro, è ancora oggi lettera morta.

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