“Pugno di ferro con la malavita e guanto di velluto con la comunità”

Questa settimana abbiamo incontrato il Senatore Sergio Rastrelli. Si può dire che abbia percorso tutte le tappe della evoluzione della destra italiana, sin da quando era in fasce. Figlio del primo presidente della Regione Campania eletto direttamente dai cittadini, il “Governatore galantuomo” Antonio Rastrelli.

Il senatore Sergio Rastrelli porta con orgoglio, e con non poca responsabilità, un cognome autorevole, ma “pesante”.

In Campania è un punto di riferimento ed è anche la certezza per Giorgia Meloni di aver messo i valori in cassaforte.

E’ l’attuale coordinatore di Fratelli d’Italia per la città di Napoli, ed è un avvocato, per questo siamo partiti dalla Riforma Cartabia e dalle doglianze degli operatori del settore giustizia.

La riforma Cartabia non appare essere soddisfacente per la soluzione dei problemi della giustizia. Molti avvocati lamentano il fatto che tale riforma non è adeguata a risolvere i problemi quotidiani dei tribunali. Quali modifiche intenderà apportare il governo?

La riforma Cartabia, pur andando nella giusta direzione di snellire un insostenibile carico giudiziario, si è risolta in un compromesso al ribasso tra le forze politiche che l’hanno promossa, e non è stata in grado di rimuovere profonde criticità del nostro sistema giudiziario: ragion  per cui un ulteriore, profondo intervento riformatore sulla giustizia in Italia è assolutamente ineludibile. Per Fratelli d’Italia è necessario realizzare, con coraggio, una riforma strutturale del sistema normativo e giudiziario, anche con interventi di natura costituzionale. La nostra iniziativa politica verso una “giustizia giusta” che, secondo il programma elettorale premiato dall’elettorato, vuole integrare realmente – nel solco dei precetti costituzionali – un sistema garantista privo di storture ed eccessi, tale da coniugare l’esigenza di giustizia con la migliore tutela del cittadino che uno Stato di diritto deve prevedere e consentire.  Per tracciare la rotta, una delle prime necessità è senz’altro quella di intervenire sull’abuso d’ufficio, che a nostro avviso rappresenta – allo stato –  una assoluta anomalia di sistema”.

E’ notizia degli ultimi giorni, che a  Caivano vigeva anche un sistema di contiguità fra politica, camorra e imprenditoria.

A Caivano si è consumato negli ultimi anni il fallimento dello Stato. E la contiguità criminale della amministrazione locale ne ha rappresentato solo un aspetto. Oggi, il ripristino delle condizioni minime di legalità e sicurezza, grazie allo straordinario impegno del Governo, è far sentire forte la presenza dello Stato. Questa è  la precondizione per la ricostruzione sociale e la rinascita del territorio. In uno scenario in cui hanno sinora primeggiato criminalità, degrado ed insicurezza occorre che lo Stato adoperi il pugno di ferro nei confronti della malavita ed il guanto di velluto a supporto della comunità. Il complesso delle misure predisposte dal Governo  Meloni ha esordito con una serie necessaria di risposte per una immediata bonifica del territorio dalle nefaste infiltrazioni criminali, per poi svilupparsi attraverso ulteriori misure, normative, culturali, sociali e di sostegno finanziario, per un riscatto sociale del territorio, al fianco dei cittadini oltraggiati. La credibilità  delle Istituzioni si riconosce così, anche attraverso il rispetto degli impegni assunti”.

La Campania sconta ritardi nel processo di sviluppo, eppure continua a governare il centrosinistra. Al di là del riconosciuto clientelismo, non crede che parte della responsabilità gravi sulla inadeguatezza della classe dirigente del centrodestra? 

No. Nel greco antico, il termine “crisi” stava ad indicare non già il culmine di una difficoltà, quanto piuttosto la forza di una decisione, tale da imporre alla situazione di fatto un punto di svolta: ed è proprio questa necessità – quella di decidere con coraggio – l’unica crisi che sta vivendo oggi il centrodestra al Sud. A fronte della ipocrisia inconcludente della sinistra – che ha generato storicamente l’attuale declino economico, sociale e morale del Mezzogiorno d’Italia – la Destra sta pervicacemente opponendo una prospettiva reale di riscatto all’insegna di temi come sicurezza, lavoro e cultura. Una prospettiva sempre più concretamente condivisa, ove si consideri che – se è vero che Fratelli d’Italia ha raccolto al Sud molti meno voti che al Nord – proprio in Campania ha quadruplicato in un anno il proprio consenso, con un aumento percentuale, anche a Napoli, tra i più alti d’Italia.

Una prospettiva sempre più convincente, perché in grado di incidere sulle più rilevanti questioni del Mezzogiorno, poiché è evidente che – secondo il drammatico lascito dei 5 stelle – chi non offre soluzioni è parte del problema. Ad un “racconto” della sinistra, comprensibile quanto illusorio, vogliamo quindi opporre un progetto del centrodestra tanto ambizioso quanto concreto, che esprima il coraggio di voltare drasticamente pagina: nell’approccio, e nelle scelte”.

Autonomia differenziata. I meridionali hanno timore che questa possa lasciare ancora più indietro le regioni del sud. Con il regionalismo non si sono visti miglioramenti. Perché si dovrebbero vedere con la riforma?

Dopo oltre venti anni dalla riforma costituzionale, caratterizzati solo dalla ipocrita inerzia della sinistra, il Governo ha l’onere di dare concreta attuazione a forme di “autonomia competitiva” dei territori. Questo obiettivo può e deve essere raggiunto attraverso un percorso virtuoso che non pregiudichi in alcun modo la centralità dello Stato e che permetta che i diritti sociali siano uniformemente garantiti a tutti i cittadini sul territorio nazionale. Noi abbiamo il culto dei valori della identità e della unità nazionale, e riteniamo che il Mezzogiorno abbia in realtà una straordinaria opportunità, per dimostrare finalmente la propria capacità di un autogoverno responsabile. Il nostro progetto è proprio quello di portare gradualmente tutte le Regioni a forme di autonomia, che potranno progressivamente, secondo percorsi politici economici e sociali che ciascuna di esse sarà in grado di sviluppare, diventare tra loro omogenee. Le naturali spinte regionalistiche che vanno nella direzione dell’acquisizione di maggiore autonomia    normativa, organizzativa e dunque finanziaria, devono essere intese nel senso di accompagnare le Regioni storicamente meno virtuose ad ottenere performance sempre migliori, non già nel senso di lasciarle indietro. Naturalmente dobbiamo ricordare come uno dei principi fondamentali  della nostra Carta costituzionale coniughi unità e indivisibilità della Repubblica con autonomia e decentramento. In questo senso, la nuova disciplina delle autonomie territoriali va accompagnata da un ripensamento della riforma dello Stato in senso presidenziale: le due opzioni non sono antitetiche, ma complementari, nella misura in cui la realizzazione di una riforma presidenziale costituisce il necessario contrappeso delle spinte autonomistiche che altrimenti rischierebbero di sbilanciare il principio di unità e indivisibilità della Repubblica. Quella delle riforme è quindi per il Sud non una dannazione, ma solo una ulteriore sfida. Da affrontare e da vincere”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

RSS
Follow by Email
Telegram
WhatsApp